FRANCESCO GOZZO
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Missione Sottomarina

Genere:   Supereroi,   Avventura,   azione,   comico.

2° racconto supereroistico, seguito di Unità Contenimento Disastri
Questo è un video in cui spiego dall'inizio alla fine il processo creativo.
​Parlo anche delle decisioni di trama quindi il video spoilera il racconto, guardatelo dopo averlo letto!
«Ve l’ho detto, ragazzi», disse Kyle dando una leccata al cono limone e cioccolato. «Quella rampa di scale inizia proprio a un passo dalla porta di camera mia!».

«E ci cadi tutte le mattine?!».

«Non tutte le mattine!».

«Una sì e una no…».

«Esatto…».

«È comunque una frequenza da storditi… se non conoscessi i tuoi direi che tuo padre ti mena!».

Kyle sollevò le spalle.

«Che posso farci?».

«Lavarti la faccia prima di scendere al piano di sotto, così almeno ti daresti una svegliata!».

«Proverò a ricordarmelo», Kyle abbozzò un sorriso e le croste gli tirarono la guancia.

«Ma poi dove sei caduto? Sul cemento?!».

«Non sapete quanto possono far male i vasi in ghisa!».

«Tua madre sa che rischia la tua vita a coltivare l’hobby del giardinaggio?».

«Coltivare l’hobby del giardinaggio? Tu-Dum-Tss».

Il telefono squillò e Kyle tirò un sospiro di sollievo, si alzò e rispose senza nemmeno controllare chi stesse chiamando.

«Pronto?», disse allontanandosi di qualche passo.

«Kyle?», rispose una voce fin troppo nota. «Ci servi all’agenzia».

«Ora?».

«Immediatamente. È un problema?».

«No. Anzi, mi hai salvato da una conversazione imbarazzante».

«La solita fortuna eh? Fai in fretta!».

Kyle prese un respiro profondo e scosse la testa rimettendo in tasca il telefono.

«Domani avrò altri lividi da giustificare…».

«Kyle? Tutto a posto?», lo chiamarono gli altri. «Ti si scioglie il gelato».

Si accorse solo in quel momento delle gocce bianche e nere che gli stavano scivolando sulla mano.

«Ah cavolo…».

«Inizio a capire come fai a cadere dalle scale un giorno sì e uno no…».

Kyle rise suo malgrado.

«Mi spiace ragazzi, devo andare, a mio padre serve aiuto in casa. Ci vediamo domani!».

Appena fu lontano entrò in un vicolo e spiccò il volo accelerando fino a diventare supersonico.

Arrivato alla sede dell’agenzia atterrò nel piazzale di fronte all’ingresso principale e scorse una scia colorata venirgli incontro.

«Ciao Kyle!», urlò Tsuki avvolgendolo in un turbine arancione. «Ci vediamo dentro!».

Com’era apparsa, la velocista si dileguò in un battito di ciglia.

Kyle sorrise, per un momento aveva temuto di ritrovarsi incastrato in una missione con Connor. Tsuki era tutt’altra cosa, non c’era brutta giornata che non sapesse capovolgere.

Spalancò la porta.

«Sala conferenze quattro», disse la receptionist.

«Ciao anche a te, Monica», rispose Kyle provocando l’innalzamento di un angolo della bocca della donna. «E grazie per la chiamata».

«Non darti arie», replicò lei con un sorriso sardonico. «Erano tutti impegnati, abbiamo raschiato il fondo del barile».

«E ci avete trovato Tsuki?».

«Un caso fortuito».

«E me!».

Lei alzò un sopracciglio.

«E Connor».

«Eh ma che cazzo…».

«So che avete fatto un ottimo lavoro ottenendo l’abilitazione per la sezione U.C.D.».

«Non tutte le esperienze sono da ripetere…», Kyle sospirò. «E quella volta c’era Norah».

«C’è anche oggi».

«Alla faccia del fondo del barile!».

«È solo un modo di dire…».

«Non tutto il peggio sta sul fondo», Kyle sfoderò un mezzo sorriso.

«Ah c’è pure Bernard».

«Oh merda… ritiro quello che ho detto».

«Con Connor è facile da capire, ma cos’hai contro Bernard?».

«È francese!».

«Esatto…», disse lei sbattendo le ciglia.

«Ecco lo vedi?», sbuffò Kyle. «Lui e il suo accento si credono così affascinanti! Poi ha un nome così pomposo: Bernard. Bernard! Prova a dirlo senza riempirti la bocca, non si può!».

«Ho capito, ho capito…», disse lei alzando le mani. «Ci ha provato con la ragazza sbagliata».

«Non ho detto questo…».

«E ho anche idea di sapere chi…».

«Mi spiace non poter rimanere a chiacchierare con te ma ho una riunione importante».

«Si, si, vai, fuggi pure!».

«Non ti sento!».

Entrò in sala conferenze quattro e trovò la squadra già riunita, Tsuki rigirava tra le dita una penna a velocità tale che avrebbe fatto un buco nel muro se le fosse sfuggita, Connor era seduto per terra nonostante le file di poltroncine rosse fossero vuote ed era intento a mordersi un avambraccio, Bernard sedeva composto come uno studente perfettino in attesa delle coccole della maestra e Norah parlava con una persona in giacca e cravatta di fianco al podio da oratore.

«Bene, ora che ci siamo tutti, possiamo iniziare il briefing», disse Norah vedendolo entrare. «Jack è dell’agenzia di recuperi marini Odyssey Marine Exploration, hanno richiesto il nostro supporto per una missione. A te la parola».

Kyle prese posto vicino a Tsuki nonostante questo volesse dire stare a portata di naso dall’Uomo Procione e osservò il logo della Odyssey apparire sul video olografico.

«In ritardo come sempre, Bel Costume», sussurrò Bernard.

«Strozzati col brie…».

«Dai, non litigate», s’intromise Tsuki. «Sta per iniziare!».

«Mica è un film», grugnì l’Uomo Procione sputando una palla di pelo.

Norah si voltò a fulminarli con lo sguardo.

«Come detto, faccio parte della Odyssey Marine Exploration», iniziò Jack. «Recentemente abbiamo identificato il relitto di una nave nelle profondità del triangolo delle Bermuda e si tratta di un recupero troppo rischioso per mandare i nostri sommozzatori, per voi però dovrebbe essere un gioco da ragazzi!».

La mappa del triangolo oceanico ai cui angoli stavano l’arcipelago delle bermuda, la punta meridionale della Florida e l’isola di Porto Rico apparve dinnanzi ai loro occhi.

«Si tratta di un veliero affondato nei pressi di Nassau», continuò zoomando intorno alle Bahamas. «Dalle analisi preliminari riteniamo risalga a poco oltre quattrocento anni fa».

«L’epoca d’oro dei pirati!», esclamò Kyle.

«Esattamente», disse lui con un cenno d’approvazione. «Non conosciamo la natura dell’imbarcazione, ma dato il luogo e il periodo non possiamo escludere che si tratti di un vascello pirata o che sia finito sul fondo dell’oceano in seguito a un attacco pirata. L’unica cosa che possiamo supporre, data la quantità di cannoni e le dimensioni della nave è che fosse ben pronta al combattimento e che vi si potrebbe trovare qualcosa di interessante».

«Un tesoro pirata?».

«Non è da escludere».

«E quali sono le condizioni che lo categorizzano come “un recupero troppo rischioso”?».

«Qui arrivano i problemi…», Jack si umettò le labbra. «Il relitto si trova al largo di Eleuthera, in un tratto di mare dove le correnti sottomarine sono impetuose, a una profondità di oltre seicento metri, inoltre pare essersi incastrata all’interno di una formazione rocciosa molto frastagliata, tutti elementi che concorrono a rendere il recupero pericoloso».

«E qui entriamo in gioco noi!».

«Esattamente. Grazie alle vostre abilità non correte gli stessi pericoli delle persone comuni».

«Esattamente», disse Bernard con un sorrisetto compiaciuto.

«Ma smettila», sbuffò Kyle. «Che tutto quello che sai fare è renderti invisibile…».

Un’occhiataccia di Norah lo fece desistere dal continuare.

«Vi accompagneremo sul luogo del recupero con una delle nostre navi e scenderete con un nostro sottomarino da esplorazione, vi forniremo tutta l’attrezzatura necessaria».

«E un pilota?», chiese Connor.

«E un pilota», rispose lui. «Farete una prima ricognizione e poi vedremo il da farsi quando avremo più informazioni».

​«Perfetto!», esclamò Tsuki. «Quando cominciamo?».
 
* * *
 
Per uno abituato a volare il viaggio in nave risultò tanto lento che Kyle ebbe il tempo di annoiarsi nonostante non avesse mai solcato le acque dell’Oceano Atlantico, non aveva mai invidiato tanto Tsuki per la sua capacità di eccitarsi per qualsiasi cosa come osservandola scattare da una parte all’altra dell’imbarcazione nel tentativo di vedere un delfino. Giunti sul posto quelli della Odyssey avevano dato a ciascuno di loro una muta da sub, un giubbotto ad assetto variabile e un autorespiratore ad aria. Li avevano imbarcati su un piccolo sottomarino che chiamavano Granchio in cui c’era posto a malapena per loro cinque e il pilota. Fu così che Kyle si trovò in una trappola d’acciaio schiacciato tra Bernard e l’Uomo Procione mentre davanti Tsuki e Norah stavano comode ai lati del pilota che li conduceva sempre più in profondità.

«Anche se sotto ai duecento metri è ancora possibile vedere», disse il pilota accendendo i fari. «Non arriva più luce a sufficienza per la fotosintesi e infatti scompaiono le barriere coralline».

«Noi a che profondità scenderemo?».

«Oltre i seicento metri, seicentosettanta per la precisione, ben al di sotto di quanto ogni sommozzatore sia in grado di recarsi. Ma non temete, il Granchio può reggere dieci volte la pressione a cui ci troveremo».

Scesero in silenzio e infine avvistarono un’imponente formazione rocciosa irta di punte e creste affilate che si discostava dal versante che s’inabissava a strapiombo, ed ecco che da un anfratto scorsero degli alberi di legno ingrossati a causa dell’acqua.

«Eccola…».

I fari illuminarono un ponte spoglio e sul fianco, dove un tempo era scritto il nome dell’imbarcazione vi era una voragine.
«Peccato…», mormorò Tsuki. «Avrei voluto darle un nome».

Il pilota li condusse attraverso le creste di pietra fino a raggiungere il fianco della nave, dove la spaccatura era talmente estesa da poter dare un occhio all’interno: casse rotte e legno marcio.

«Niente tesoro», commentò Connor. «La solita sfiga».

«Cos’è quello?», chiese Kyle.

«Cosa?».

«Non nel relitto, lì in alto», disse indicando il bordo superiore del vetro frontale del Granchio. «Mi sembra di aver visto un’increspatura».

Il pilota ruotò il sottomarino verso l’alto per avere una visuale migliore.

«Ma che…», rimase a bocca aperta. «Vent’anni che faccio questo lavoro e non avevo mai visto niente del genere…».

Presa tra diversi speroni rocciosi, una superficie rifrangeva la luce dei fari come non poteva fare altro che il passaggio di fase tra liquido e gassoso.

«Una sacca d’aria!», disse Norah. «Rimasta intrappolata nella roccia».

«Impossibile», disse Bernard.

«Non c’è altra spiegazione», borbottò Kyle che avrebbe appoggiato qualsiasi ipotesi pur di dar contro al francese. «Una sacca d’aria rimasta intrappolata nella roccia per chissà quante migliaia di anni, forse milioni di anni».

«Fai anche decine di milioni», disse il pilota. «Non ricordo quando è stato l’ultimo periodo in cui questo posto è stato all’aria aperta ma deve essere passata qualche era geologica».

«Voi non chiedete mai la mia opinione…», intervenne l’Uomo Procione. «Ma così a colpo d’occhio alcune delle assi del relitto mi sembra siano state spezzate dall’interno piuttosto che da cannonate nemiche, e ho come il presentimento che qualcuno sia uscito dallo scafo, magari trovandosi intrappolato durante il naufragio…».

«Stai suggerendo…», sussurrò Norah inclinando la testa.

«Sto solo dicendo che non c’è un tesoro nella nave e c’è una bolla d’aria sopra alle nostre teste e che se mi trovassi in quella situazione mi tufferei in quell’aria piuttosto che crepare affogato qui sotto…».

«Non hai tutti i torti…», convenne il pilota.

«Dai, andiamo a vedere!», disse Tsuki tra i denti iniziando a battere un piede sul pavimento a un ritmo talmente rapido da rassomigliare un elicottero.

«Beh… lo spazio per affiorare col Granchio c’è…», il pilota li guardò.

Norah annuì e iniziarono a salire avvicinandosi alla sacca d’aria.

Il Granchio affiorò e la luce dei fari illuminò quella che si rivelò essere un’immensa grotta naturale.

«Indossate l’autorespiratore», disse il pilota. «Non possiamo sapere quale sia la composizione atmosferica di questa sacca d’aria».

Presero da dietro i sedili i giubbotti ad assetto variabile già collegati alla bombola e all’erogatore, pronti per essere indossati a mo’ di zaino.

«Io rimarrò sul Granchio», disse il pilota una volta che tutti furono pronti. Premette un pulsante e il vetro si alzò come fosse una bocca gigante. «Buona esplorazione».

L’aria era fredda come il ghiaccio e l’umidità era tale che in una frazione di secondo Kyle sentì delle goccioline di condensa formarglisi a contato con la pelle del viso. Ringraziò di avere la muta a difendere il calore del proprio corpo. Seguì gli altri sulla roccia e prese la torcia che tutti avevano in dotazione. Le pareti erano lisce e levigate, la superficie inferiore presentava meno asperità di quanto si sarebbe aspettato ma le molte ombre si ripiegavano le une sulle altre creando una miriade di anfratti bui in cui sembrava potersi nascondere qualunque cosa ma che una volta illuminati si mostravano per quel che erano: nuda roccia.

S’inoltrarono nel complesso di grotte a passi cauti, stando attenti a non cadere, perfino Tsuki rimaneva in gruppo senza attingere ai suoi poteri. Una diramazione dopo l’altra controllarono l’intera area e giunsero infine a una camera che andava allargandosi e il cui soffitto era costellato da stalattiti. D’un tratto, un bagliore attirò la sua attenzione.

«Ho visto qualcosa», disse Kyle puntando la torcia sul fondo della caverna dove venne riflessa in un brillio dorato.

Avanzò di un paio di passi e sentì qualcosa scrocchiare sotto al piede.

Puntò la torcia in basso: uno scheletro giaceva riverso a terra.

«Cazzo!», esclamò.

Gli altri gli si avvicinarono.

«È vestito da pirata», constatò Bernard.

Una giacca putrefatta e dei calzoni logori ricoprivano le ossa, muffa bianca e altra sporcizia fuoriusciva da maniche e colletto.

«Non disperdetela nell’aria», disse Norah procedendo verso il fondo della camera.

Un pungente odore di putrefazione s’insinuò nelle narici mescolandosi a quello di umidità. Almeno una decina di scheletri in simili condizioni erano sparpagliati per la caverna, le pareti erano incise di tacche, troppe per poterle contare ma abbastanza da denotare una lenta agonia.

«Che morte da stronzi che hanno fatto», disse Connor. «Come topi in trappola».

In fondo, uno scheletro intoccato dalla muffa stava seduto di fianco a un forziere aperto.

«Ecco cosa rifletteva la luce», disse Tsuki avvicinandosi a guardare.

Anelli tempestati di rubini, smeraldi e zaffiri, collane di perle, diamanti grezzi e raffinati, statuette e opere d’arte in metalli preziosi affioravano in un mare di monete lucenti come nuotando nell’oro.

«Wow…», sospirò Kyle.

«Ti è davvero girata male, amico», disse Connor osservando lo scheletro che giaceva lì a fianco. Aveva un tricorno di pelle, un gilè che poteva essere stato verde sotto al quale scintillava una collana di lapislazzuli e portava un anello per dito. «Così tanta ricchezza, per poi crepare in un modo così assurdo».

«Non si può mangiare l’oro e l’argento, roditore del cazzo. E lo scoprirete anche voi sulla vostra pelle!».

Si voltarono tutti verso Bernard che teneva in mano un disco con il logo dell’agenzia. Lo scagliò a terra e nel momento in cui s’infranse sprigionò un campo magnetico bloccandoli tutti sul posto.

«Bernard!», strillò Tsuki.

«Mi dispiace mon amour», disse lui. «Ma gli affari sono affari e c’è chi paga milioni per la vostra testa, altro che questo povero tesoro!».

«Lasciaci subito an…».

«Ho smesso di seguire i tuoi ordini, Norah!», urlò lui. «Come quelli di chiunque altro all’agenzia!».

«Infine, non ci si poteva fidare del francese», disse Kyle. «Io ve lo dico da tempo che è un coglione borioso ma voi no, no… è solo francese…».

«Se c’è qualcuno che non mi dispiace lasciare qui a crepare sei tu, Bel Costume, rimarrei solo per guardarti agonizzare ma sai, ho un Granchio da prendere», Sfilò da una tasca del giubbotto una granata e, tolta la sicura, la lanciò in aria. «Salutatemi Capitan Barbagemma!».

La volta della caverna esplose e le stalattiti piovvero loro addosso come una valanga, per un momento sembrò di essere seppelliti dal mondo, Kyle venne schiacciato a terra ma invece di morire come si era aspettato si trovò circondato da una barriera azzurro-violacea che impedì alle punte delle stalattiti di trafiggerlo e alle tonnellate di roccia di spappolargli gli organi.

Quando il crollo terminò, anche la barriera venne meno. Kyle si rimise in piedi lanciando qualche metro più avanti i detriti che lo sovrastavano, gli doleva ogni singolo muscolo ma era vivo. L’uomo procione emerse dalle macerie di fianco a lui, aveva la muta stracciata e la pelliccia coperta di sangue, la bombola del suo autorespiratore era esplosa.

«Che cazzo è successo?!».

Kyle si guardò intorno.

«Tsuki!», urlò iniziando a scostare le pietre. «Norah!».

«Merda!», imprecò l’Uomo Procione aiutandolo.

«Qui…», disse la ragazza in un sussurro.

«Aiutami con questo macigno», disse Kyle e Connor l’afferrò dall’altro lato. «Tre… due… uno…».

Lo sollevarono e spostarono di lato rivelando una Tsuki ferita ma viva.

«Non riesco a muovere la gamba…», disse cercando di sollevare la testa senza riuscirci.

«Hey attenta», disse Kyle accarezzandole una guancia e sostenendole il capo con una mano dietro alla nuca. «Rimani sdraiata, ci pensiamo noi».

«Non voglio rimanere qui…», una lacrima le rigò la guancia. «Non respiro…».

Kyle trovò l’erogatore d’ossigeno e lo portò alla bocca della ragazza.

«Ti porteremo fuori di qui».

Nel frattempo l’Uomo procione scaraventò via una coltre di macerie sotto alla quale trovò Norah.

«Sono felice di vedervi vivi…», disse la donna.

«La barriera», chiese Kyle. «Come hai fatto?».

«Ha usato un congegno sviluppato dall’agenzia a partire dai miei poteri», disse lei con un sorrisetto beffardo. «Non è stato facile ma ho ridiretto il campo magnetico e l’ho usato per generare lo scudo».

«Brava ragazza», disse Kyle aiutandola a mettersi seduta.

«Quei cazzo di pirati hanno consumato tutto l’ossigeno…», disse Connor sedendosi a terra. «Inizia a girarmi la testa…».

«Kyle», disse Norah. «Dagli il mio autorespiratore».

«E tu come farai?».

«Io e Tsuki non siamo in grado di combattere, ci divideremo il suo».

Kyle annuì e le tolse il giubbotto sostituendolo a quello esploso di Connor.

«Per la cronaca», disse l’Uomo Procione. «Questa è l’ultima volta che mi lascio convincere ad andare sott’acqua: d’ora in poi sto dove sta l’ossigeno!».

«Non avete molto tempo», disse Norah guardando in alto dove l’acqua stava infiltrandosi tra le fenditure e l’aria sibilava fuggendo attraverso le più minuscole crepe. «Prendete quel bastardo prima che ci abbandoni qua sotto a morire!».

«Ti raggiungo coi miei tempi», disse Connor rimettendosi in piedi.

Kyle puntò avanti una torcia e scattò in volo percorrendo la strada a ritroso più velocemente che poté fino a ritrovarsi nella caverna da dove erano partiti.

«C’è stato un crollo», sentì dire a Bernard. «Sono tutti morti!».

«Ti piacerebbe!», sbottò frapponendosi tra lui e il Granchio, poi si rivolse al pilota. «Non aprire per nessun motivo, a lui ci pensiamo noi».

«Hai la pellaccia dura eh Bel Costume?».

«La prossima volta controlla chi ha creato le armi dell’agenzia prima di usarle».

«Norah…», disse lui aggrottando la fronte. «Avrei dovuto immaginarlo».

«Arrenditi Bernard, ed eviterò di ridurti in poltiglia».

«E come avresti intenzione di fare?», disse lui diventando invisibile. «I tuoi poteri sono così… prevedibili».

Kyle serrò la mascella.

«Ti serve il Granchio per lasciare la grotta».

«E chi ti dice che mentre fai la guardia al Granchio io non vada a finire il lavoro col resto della squadra?», rimbombò la voce sulle pareti. «Non puoi essere in due posti contemporaneamente».

«Non ne ha bisogno», disse Connor facendo la sua comparsa al centro della via che portava al complesso di caverne.

Kyle non era mai stato così felice di vedere l’Uomo Procione.

«Ma che sorpresa… sentivo la tua puzza di cane bagnato da un miglio di distanza», disse Bernard. «Non hai un cassonetto della spazzatura in cui andare a rovistare?».

«Ridi pure…», rispose Connor. «Ma sappi che come tu senti il mio odore, io sento il tuo!».

L’Uomo Procione balzò alla sua destra e si scontrò con un ostacolo invisibile finendo a terra.

«Muoviti, Bel Costume», urlò restando avvinghiato all’aria.

Kyle caricò e sferrò un pugno tra le braccia di Connor con tutta la forza che aveva. Ciò che colpì volò contro la parete, incrinando la roccia, e precipitò a terra con un tonfo.

Bernard tornò visibile.

«Ah! Che sega!», rise l’Uomo Procione.

«Parlava tanto», disse Kyle. «Ma è bastato un solo colpo».

«E i procioni non sono roditori, coglione!».

Kyle scoppiò a ridere, dopotutto Connor era simpatico quando se la prendeva con gli altri.

«Ragazzi», disse il pilota alle loro spalle. «Il livello dell’acqua sta salendo!».

«Questo non si sveglierà per un po’ ma gliene do uno di sicurezza», disse l’uomo procione tirando su il francese e assestandogli un cazzotto in faccia. «Andiamo a prendere il tesoro».

Kyle lo guardò storto.

«E le ragazze, certo», rise lui. «Era sottointeso!».

Lanciarono Bernard nel Granchio senza tante cerimonie.

«Lo mollate lì così?».

Norah apparve alle loro spalle trasportando Tsuki mediante la telecinesi.

«Non abbiamo niente con cui legarlo…», disse Kyle allargando le mani.

«Non preoccuparti», disse Connor. «Gliene ho mollato uno di sicurezza».

Norah inclinò la testa.

Tsuki rise a denti stretti.

«Se lo meritava, quella testa di cazzo!».

«È andato giù in un solo colpo», disse Kyle. «Dovevi sentire quante arie si dava pr…».

«Il tesoro, ragazzi», lo interruppe Norah. «Io penso a Tsuki e Bernard».

​Raggiunsero il fondo della grotta e fecero un ultimo saluto al capitano prima di depredarlo e gettare tutto nel baule. Raggiunsero il Granchio che l’acqua ormai arrivava loro al ginocchio e, saliti sul sottomarino da esplorazione abbandonarono quel luogo di morte.
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