FRANCESCO GOZZO
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Luppolo Mannaro

Genere:   fiaba,   fantasy,   comico.

Non è esattamente un seguito di Gulden Draak ma sono correlati (dalla birra ovviamente!)
Questo è un video in cui spiego dall'inizio alla fine il processo creativo.
​Parlo anche delle decisioni di trama quindi il video spoilera il racconto, guardatelo dopo averlo letto!
«È giunto il momento del “Giro delle taverne di Hara”!», sbraitò Finn balzando dalla sedia e sollevando il boccale sopra alla testa. «E un… due… tre…».
​

Andammo tutti al Soldo Bucato perché eravamo una gran compagnia,
Andammo tutti al Soldo Bucato a prender una birra e via!
Il Soldo Bucato è al villaggio di Hara vicino alla torre,
Una gran serata tutti passammo, laggiù dove la birra scorre!
​

Prese sotto braccio un’avvenente ragazza dai capelli bruni e danzò in tondo, gettando birra sugli altri avventori.
​

Andammo tutti al Grande Ducato perché eravamo una gran compagnia,
Andammo tutti al Grande Ducato a prender una birra e via!
Il Grande Ducato, il Soldo Bucato son al villaggio di Hara vicino alla torre,
Una gran serata tutti passammo, laggiù dove la birra scorre!
​

Fece fare una piroetta alla sua bella, scolò quanto restava nel bicchiere e lo sostituì con uno pieno per poi seguire la ragazza in strada dove altri si aggiunsero al coro.
​

Andammo tutti al Gioco di Mano perché eravamo una gran compagnia,
Andammo tutti al Gioco di Mano a prender una birra e via!
Il Gioco di Mano, il Grande Ducato, il Soldo Bucato son al villaggio di Hara vicino alla torre,
Una gran serata tutti passammo, laggiù dove la birra scorre!
​

«BASTA!», risuonò una voce rauca molto in alto al di sopra di loro. «State zitti maledetti ubriaconi!».

Finn alzò lo sguardo e barcollò all’indietro sbattendo la testa contro la parete del Soldo Bucato. Sulla sommità della torre il mago aveva spalancato la finestra e li squadrava con occhi venati di rosso.

«Se non fate silenzio giuro che vi maledico!».

«Ma smettila!», farfugliò Finn appoggiandosi alla ragazza per non incespicare rischiando solo di tirarla a terra con sé.

«Mangia il tuo semolino e non fare il guastafeste».

«Bada alle parole che ti escono di bocca, ragazzo».

«Chiudi quel forno, vecchio!».

Gli occhi del mago mandarono fulmini.

«Questo è l’ultimo affronto che sopporto! L’hai voluto tu!».

Tirò su le maniche e alzò le braccia al cielo. Le parole arcane rimbombarono come tamburi mentre pronunciava l’incantesimo, poi tutto finì veloce com’era iniziato.

«Ora buona serata, giovanotto!», urlò chiudendo i battenti.

«Tutto qui?!», Finn scoppiò a ridere ma la sua risata si trasformò in un ululato mentre una spessa pelliccia gli cresceva in ogni dove.

La ragazza che aveva sotto braccio si divincolò e fuggì urlando, gli ubriachi si accalcarono uno sopra all’altro rifugiandosi all’interno delle taverne.

«Vattene!», urlavano tirandogli boccali e bottiglie vuote. «Via da qui!».

Finn venne colpito alla testa da una bottiglia di whiskey e, anche se grazie alla peluria sentì la botta meno di quanto avrebbe fatto il liquido se bevuto, capì che era il caso di andarsene. Vagò per la città senza meta e finì con l’addormentarsi in un vicolo, solo e infreddolito.

​Il giorno dopo scoprì di essere tornato normale e che qualche ubriacone gli aveva orinato addosso. Tornò in locanda dove alloggiava e si diede una ripulita. Compì il suo lavoro girando per la foresta a cacciare goblin portando poi al tesoriere le orecchie come prova per intascare le taglie e quella sera tornò al quartiere dorato di Hara e finalmente poté concedersi un paio di birre, che divennero più di due e gli tornò voglia di cantare. Quando gli avventori intonarono il “Giro delle taverne di Hara” si unì al coro.
​

Andammo tutti alla Piccola Botte perché eravamo una gran compagnia,
Andammo tutti al Piccola Botte a prender una birra e via!
La Piccola Botte, il Gioco di Mano, il Grande Ducato, il Soldo Bucato son al villaggio di Hara vicino alla torre,
Una gran serata tutti passammo, laggiù dove la birra scorre!
​

D’un tratto, mentre saltellava intorno a un tavolo cercando di non spillare birra dal bicchiere venne colto da un crampo allo stomaco che lo fece crollare in ginocchio, gemette nel vedere le unghie allungarsi mentre il naso gli si allontanava dagli occhi e finiva ricurvo su sé stesso.

«Lupo mannaro!», strillarono gli avventori picchiandolo con scope e bastoni. «Fuori di qui!».

Finn venne cacciato a botte e si dileguò nella notte con bottiglie vuote che gli vorticavano intorno. Finì a girovagare per la città addormentandosi in un altro vicolo.

La mattina successiva era talmente di malumore che andò nella foresta senza nemmeno passare dalla locanda ma quando tornò in città e riscosse le taglie sui goblin gli venne un’idea: andò al mercato e acquistò uno specchio.
​
Quella sera tornò al quartiere dorato, bevve una birra e osservò nello specchio: tutto a posto. Ne bevve un’altra e controllò di nuovo: la barba sembrava più folta e l’attaccatura dei capelli era scesa di un dito verso gli occhi. Anche la peluria sulle braccia era diventata più spessa. Intinse la lingua nella terza birra e sentì come qualcosa spingergli il naso da dentro il cranio e guardando nello specchio vide che il viso si era allungato, solo di qualche millimetro, ma si era allungato. A malincuore spinse il boccale sul bancone allontanando il liquido dorato. Quando gli altri intonarono la canzone non era dell’umore per far baldoria.
​

Andammo tutti al Gufo di Rame perché eravamo una gran compagnia,
Andammo tutti al Gufo di Rame a prender una birra e via!
Il Gufo di Rame, la Piccola Botte, il Gioco di Mano, il Grande Ducato, il Soldo Bucato son al villaggio di Hara vicino alla torre,
Una gran serata tutti passammo, laggiù dove la birra scorre!
​

Finn uscì dal Gioco di Mano strisciando i piedi e si recò nei pressi della torre sfiorandone la fredda pietra con una mano.
«Perché mi hai fatto questo?», chiese al muro insensibile senza ottenere risposta.

Tornò in locanda col capo chino e andò a dormire sobrio.

Il giorno seguente, mentre si recava fuori città per la consueta battuta di caccia al goblin, incrociò un mercante itinerante che veniva dal lato opposto. Il carretto era ricolmo di botti e trainato da un mulo spelacchiato.

«Buongiorno avventuriero!», lo apostrofò. «Non vorrai dare la caccia ai goblin a stomaco vuoto?!».

«Ho già fatto colazione…», rispose Finn tirando dritto.

«E chi ha parlato di latte e biscotti?!», sbottò lui fermando il mulo. «Porto in città delle botti di Gulden Draak, una birra dal sapore draconico prodotta da un vero drago dorato in un villaggio non molto distante tra i monti».

Finn si bloccò all’istante con l’acquolina in bocca.

«L’assaggerei ben volentieri», disse. «Ma la maledizione del mago mi impedisce di godere del bere…».

Il mercante aggrottò le sopracciglia.

«Questo non fa bene agli affari… credevo che Hara fosse famosa per il suo quartiere dorato».

«Si, ma il mago della torre si è stufato e ha iniziato a maledire chi fa troppo chiasso».

«Avrebbe dovuto costruire la sua torre più in là allora!».

«La torre è lì da secoli, è il villaggio che con la sua espansione l’ha inglobata».

«Senti», disse il mercante accarezzandosi la barbetta da capra. «Se so qualcosa delle maledizioni è che c’è sempre il modo di spezzarle».

«E sapresti come fare?».

«No, ma scommetto che il mago lo sa».

«Si certo che lui lo sa…».

«Intendo che da qualche parte nella torre c’è un rimedio».

«Si, nella torre…», sbuffò Finn. «Non c’è una porta, come potrei entrarci?!».

«Questa è una cosa che so…».

Il mercante si fece accompagnare all’ombra della torre e lì rimasero in attesa, nel pomeriggio i battenti della finestra dell’ultimo piano si spalancarono e il mago, indossato il suo cappello a punta ne uscì volando su una poltrona per sparire all’orizzonte.

«Doveva pur uscire prima o poi», disse porgendogli un rampino legato a una lunga fune.

Finn sfoderò un ghigno.

Fece ruotare il rampino e centrò la finestra al primo colpo. Si assicurò che la presa fosse salda e si arrampicò fino al davanzale scavalcandolo con un ultimo sforzo per ritrovarsi nella torre.

Oltre a quella da cui era entrato non vi erano altre finestre e la stanza era rischiarata da una luce calda che si irradiava da una singola candela posta in alto al centro come fosse un minuscolo lampadario. I colori della miriade di oggetti di cui era circondato erano così saturi che gli parve di essere entrato in una fiaba, c’erano mappe di regioni sconosciute, boccette contenenti strane spezie o limpidi liquidi di tutti i colori dell’arcobaleno, copricapi di piume, creature intagliate in legno e coperte di rune e libri, molti libri di ogni forma e dimensione, rilegati in stoffa, legno e pelle.

Finn si aggirò tra gli oggetti arcani stando attento a non toccare nulla nemmeno per sbaglio, chissà quale disastro sarebbe potuto succedere se avesse fatto cadere qualcosa o agitato qualche componente… esplosivo o chissà! E se il mago avesse trovato qualcosa fuori posto questa volta l’avrebbe incenerito invece di maledirlo.

Vide un baule sotto al letto con l’etichetta “rimedi per maledizioni” e ringraziò la sua buona sorte. Lo tirò fuori e l’apri piano come temendo che qualcosa potesse saltarne fuori e mordergli il naso. Ma all’interno vi erano solo altre boccette con fluidi colorati. Fortunatamente per lui il mago era un maniaco dell’ordine ed erano tutte etichettate.

«Rimedio contro la luppocantropia», lesse sulla boccetta verde scuro. Sul retro c’era un’altra iscrizione. «Un sorso».

Finn seguì le istruzioni e il liquido denso come la melassa gli percorse l’esofago con un sentore di freschezza alla menta. Si sentì subito meglio e quell’odore di selvaggio che si era portato dietro da giorni svanì.

Mentre rimetteva a posto il baule gli cadde l’occhio sul libro che riposava sul comodino di fianco al letto, era aperto su una pagina che riportava il disegno di una serie di alambicchi. Lo sollevò quanto bastava a leggerne il titolo.

«L’arte dei distillati», sorrise, dopotutto anche al mago piaceva bere.

Quando tornò dal mercante acquistò ben quattro bottiglie di Gulden Draak, tenendone due per mano. Quella sera attese che il mago rincasasse e vedendolo giustamente adirato nel trovare un rampino sul suo davanzale gli fece un cenno di saluto. Il mago discese con la poltrona pronto a incenerirlo ma Finn prese la parola prima che fosse troppo tardi.

«Ti devo porgere le mie scuse», disse. «Non avevo considerato quanto fastidio le mie bravate ti dessero».

Vedendo che il mago rimase interdetto dalle sue maniere prese il coraggio e proseguì.

«Mi dispiace molto. Soprattutto dal momento che nessuno ti ha mai invitato a bere!», disse porgendogli due delle bottiglie. «Dicono sia una birra dal sapore draconico».

Il mago sollevò le sopracciglia e le sue labbra si aprirono in un sorriso.

​Accettò il dono ed entrambi si recarono nella taverna più vicina brindando e unendosi al coro.
​

Andammo tutti al Fiore all’Occhiello perché eravamo una gran compagnia,
Andammo tutti al Fiore all’Occhiello a prender una birra e via!
Il Fiore all’Occhiello, il Gufo di Rame, la Piccola Botte, il Gioco di Mano, il Grande Ducato, il Soldo Bucato son al villaggio di Hara vicino alla torre,
Una gran serata tutti passammo, laggiù dove la birra scorre!
​

E vissero per sempre ubriachi e contenti!
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