FRANCESCO GOZZO
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Alice e il pesce dorato

Genere:   fantasy,   comico.

Questo è un video in cui spiego dall'inizio alla fine il processo creativo.
Parlo anche delle decisioni di trama quindi il video spoilera il racconto, guardatelo dopo averlo letto!
C’era una volta la figlia di un pescatore che viveva col padre in una casetta di legno sulla spiaggia. Il suo nome era Alice ed era tanto bella quanto povera. Seppure il padre uscisse tutti i giorni in mare con la barca da pesca, era perseguitato dalla sfortuna e il pescato era talmente scarso da non bastare nemmeno a sfamarli. Un bel giorno però tornò dalla battuta di pesca mattutina chiamando la figlia a gran voce.

«Alice!», urlò con gaudio inatteso. «Guarda un po’ cos’ho preso!».

La ragazza uscì dalla casetta, lo raggiunse di corsa, e vide quel che il padre aveva pescato: un pesce. Non tanto grosso ma, meraviglia delle meraviglie, aveva le scaglie tutte dorate!

«Come brilla, del mare è un gran dono!», esclamò Alice. «Chissà quant’è buono!».

«Vado a comprar le patate che sai ne son ghiotto. Nel frattempo fai in modo che lui sia ben cotto».

La ragazza annuì, prese il pesce dorato che il padre le porgeva e mentre lui si avviava in città a grandi falcate lei tornò a casa a piccoli passi. Appoggiò il pesce sul ripiano della cucina e prese un grande calderone che portò fino al pozzo dietro casa dove, manovrando la carrucola per tirare su e giù il secchio, lo riempì d’acqua. A questo punto tornò a casa con passo claudicante perché il calderone si era fatto molto pesante e le sue gambe magroline faticavano a sorreggerlo. Dopo averlo adagiato sul fuoco sbuffò per la fatica e dovette sedersi per riprendere fiato.

Mentre era seduta a riposare e aspettava che l’acqua arrivasse a bollore, si accorse che il pesce non era più dove l’aveva lasciato. Si tirò su di scatto e iniziò a cercarlo per tutta la casa quando un rumore come di colpi sul legno attirò la sua attenzione: il pesce si dibatteva nel tentativo di raggiunger la porta!

«Cercavi di scappare eh maledetto!», lo redarguì afferrandolo stretto.

«Puoi darlo come fatto accertato!», rispose il pesce dorato.

Alice strillò.

«Che hai da urlare?», protestò il pesce dorato. «Son io quello che sta per esser mangiato».

«Tu parli!».

«Certo che parlo, sono un pesce magico io! non si nota dal mio dorato brillio? Per questo devi lasciarmi andare e mai più provarmi a mangiare!».

«Ma ho tanta fame e anche mio padre ne ha, e se non mangia temo morrà», disse Alice e proprio in quel momento la sua pancia emise un forte brontolio.

«Io son magico ma non cadere in errore, la mia carne è dura e ha un pessimo sapore!».

«Ma lo stesso io ho fame dorato pesce, ti devo cucinare anche se mi rincresce», disse Alice portandolo davanti al fuoco e tenendolo per la coda sopra al calderone. «Va bene che sei dorato, va bene che sai parlare, sarai anche magico ma io devo pur mangiare!».

«Aspetta! Disdetta! Non aver questa fretta!».

Alice però non lo lasciò cadere nell’acqua bollente perché era rapita da un fenomeno fantastico: i raggi del sole che entravano dalla finestra si riflettevano sulle scaglie del pesce dorato rifrangendosi sul vapore acqueo che si sollevava dal calderone formando un piccolo arcobaleno.

«Sei davvero magico allora…», sussurrò lei. «Lo capisco sol ora».

«Ma certo! Era scontato», disse il pesce dorato. «Se tu mi salverai la vita ributtandomi in mare, in cambio ti rivelerò dove un tesoro trovare!».

Alice annuì e portò il pesce in riva al mare camminando a piedi nudi sulla sabbia fin quando furono lambiti dalle onde.

«Dunque dimmi pesciolino d’oro, dove si trova questo tesoro?».

«Non è tanto distante piccina», disse il pesce alla bambina. «Segui la riva camminando veloce e giungi fin dove il fiume ha la foce. Lì troverai di una nave il relitto e ne trarrai grande profitto».

«Grazie pesciolino dorato, perdonaci per averti catturato».

Alice immerse il pesce nell’acqua liberandolo e si mise subito in cammino. In poco tempo raggiunse il relitto e all’interno della pancia della nave, dove una volta si trovava la stiva, ecco spuntare una grande cassa, mezza sotterrata dalla sabbia. Alice si avvicinò e si guardò intorno con aria sospetta ma non c’era nulla di strano o fuori posto.

«Non c’è lucchetto né alcun trabocchetto».

Afferrò il coperchio e l’aprì ma il forziere era vuoto!

Capì quindi di essere stata ingannata e corse alla riva livida di rabbia. Chiamò il pesce dorato a gran voce finché non lo vide venire a galla.

«Oh pesce dorato, pesce infame! A causa tua soffrirò la fame!».

«Dolce ragazza mi spiace d’averti mentito ma temevo m’avresti inghiottito! Non di monete è questo tesoro: hai imparato una lezione d’oro».
​
Alice tornò a casa affranta e affamata ma invero una lezione l’aveva imparata: in questo mondo oscuro e abietto non c’è da fidarsi di quel che vien detto.
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