FRANCESCO GOZZO
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Faida nel Deserto

Genere:   fantasy,   azione,   primitivo.

2° racconto della serie La Tribù del Falco (il 1° è La Tribù del Falco)
Questo è un video di approfondimento sulla razza che ho creato per scrivere questo racconto.
​Se avete voglia di darci un occhio potete guardarlo sia prima che dopo averlo letto.
Korm si ergeva sul picco più alto di Rocca del Falco, il petto all’infuori come a sfidare il vento che soffiava selvaggio portandogli il sentore di resina, sabbia e pane cotto. Strinse l’asta della lancia e scrutò l’orizzonte oltre alla savana dove le dune segnavano l’inizio del deserto.

D’un tratto, un movimento attirò la sua attenzione: un gruppo di terk si muoveva in direzione di Rocca del Falco. Da questa distanza non avrebbe saputo dire né quanti fossero né a che tribù appartenessero ma era certo che l’avrebbe scoperto presto.

Non passò molto prima che un cacciatore lo raggiungesse calcando il sentiero roccioso.

«Alto Falco», disse chinando il capo. «Degli esponenti della Tribù dell’Antilope desiderano parlare».

«A nome loro o della tribù?».

«La Tribù dell’Antilope è stata sgominata e scacciata dalle sue terre a opera della Tribù del Coyote, così dicono».

Korm annuì.

«Concederò loro udienza».

S’incamminò lungo il sentiero che conduceva alla base di Rocca del Falco con incedere deciso scandito dai colpi del legno della lancia sulla pietra. Quando giunse al livello più basso vi trovò Otrok.

Lo sciamano incrociò il suo sguardo, addentò un piragna staccandone la testa e ne sparse le viscere a terra. Poi annuì con un mezzo sorriso.

«Ascolta che hanno da dire», disse leccando i fluidi che colavano dalla metà del piragna che teneva in mano. «E il vento sosterrà le ali del Falco».

Korm annuì passando oltre. I suoi cacciatori tenevano sotto tiro uno sparuto gruppo di terk impolverati e ansimanti, segnati dalle ferite.

«Parlate», intimò. «Per quale ragione vi presentate alle porte della nostra fortezza?».

«Oh grande Figlio del Falco», iniziò uno di loro i cui colori della cresta e delle squame erano sbiaditi dalle stagioni. «Siamo ciò che rimane della Tribù dell’Antilope, qui per domandare una fusione».

Korm si acigliò

«Non accettiamo fuggiaschi e codardi, cosa offrite oltre alle vostre bocche affamate?».

«Nella nostra dimora, da cui siamo stati scacciati, possedevamo una magia in grado di produrre tanto cibo dalla terra da sfamare l’intera tribù. Ha reso fertile la savana al confine con le dune, sarà ancora più efficace qui».

«Di che magia parlate?», s’intromise Otrok. «Come può il vostro sciamano avere un tale potere?».

«È una magia venuta dalle stelle, non la praticava il nostro sciamano ma aveva imparato a controllarla».

«Dov’è ora?».

«Morto».

«E la magia?».

«Ancora lì, i Coyote non sanno utilizzarla», le sue labbra si distesero in un sorriso. «Ma noi sì».

«Offrireste tale magia al Falco?».

«La offriamo, in cambio della fusione… e di vendetta».

Korm si accarezzò le squame sotto al mento con i possenti artigli, guardò Otrok, lo sciamano annuì.

«È deciso!», disse allora. «La Tribù dell’Antilope cessa ora di esistere. Abbassate il capo da Antilopi e alzatelo da Falchi! Avrete vendetta sui Coyote», poi si rivolse ai suoi. «Chiamate a raccolta i cacciatori: andiamo in guerra!».

Korm uscì da Rocca del Falco al fianco di Otrok e alla testa di trenta guerrieri. L’anziano che aveva parlato guidava la spedizione indicando il percorso attraverso la savana. La temperatura aumentò sensibilmente mentre le dune si facevano più vicine e infine giunsero in vista di una serie di enormi formazioni rocciose disposte in maniera casuale come se un gigante le avesse tirate nella sabbia.

«I Coyote sono scaltri…», disse il vecchio.

«Lo so», l’interruppe Korm. «Ci hanno individuati da tempo, attendono tra le rocce».

Otrok prese una libellula dalla gabbietta di vimini che portava sul dorso e una delle rane che aveva legate alla cintura e, tenendole una in una mano e una nell’altra, le sbatté spiaccicandole, poi sfregò le mani e scagliò il tutto a terra. Piegò la testa osservandone la forma poi annuì e prese una ciotola di pigmento bianco. Raccolse i resti degli animali con una manciata di sabbia e mescolò il tutto con la tintura.

«Il Falco ghermitore», disse imprimendo le impronte degli artigli su ciascun guerriero per poi sollevare una fiaschetta sopra alla testa. «Che la sua forza scorra in voi come linfa negli alberi».

Korm prese una sorsata della linfa e subito percepì i muscoli contrarsi in un formicolio piacevole. Dopo di lui ogni cacciatore ebbe la sua porzione e rinvigoriti dal fluido estrassero le armi.

«Circondateli», disse Korm.

I guerrieri si dispersero correndo ai lati del complesso di rocce e presero posizione per attaccare da ogni direzione possibile.

«Per la gloria del Falco!», urlò Korm sollevando la lancia al cielo.

Partì alla carica per primo precedendo i terk ai suoi lati grazie a possenti falcate e si gettò tra le rocce dove i nemici li aspettavano ognuno armato di due lance, la prima delle quali venne scagliata in sua direzione.

Invece di tentennare, Korm accelerò ancora di più e si tuffò in avanti rimettendosi in piedi con una capriola. Il suo balzo felino l’aveva portato oltre la traiettoria delle armi che si piantarono nella sabbia.

Korm sfoderò un ghigno selvaggio e si lanciò verso il nemico più vicino deviandone la lancia e colpendolo al petto con un calcio, l’unghione della zampa posteriore scattò perforando la pelle del malcapitato e penetrando tanto in profondità da agganciarsi alle costole. Invece che essere sbalzato all’indietro, il terk rimase adeso al piede e si trovò a terra sotto di esso. Korm estrasse l’unghione facendolo tornare in posizione e con lo stesso piede sferrò un calcio sul collo dell’avversario spezzandolo.

In quel momento due Coyote l’attaccarono dal fianco facendo guizzare le lance avanti e indietro, Korm indietreggiò schivando quanti più attacchi poté e l’armatura di listarelle d’osso deflesse gli altri.

Mulinò la lancia portando le loro fuori traiettoria con l’asta e allo stesso tempo impresse sottili linee rosse tra le loro squame con l’affilatissima punta in pietra. Il sangue iniziò a colare e i loro movimenti rallentarono. A Korm non servì altro: diede un calcio a uno spingendolo a terra e infilzò l’altro in pieno petto.

Una lancia piovve dall’alto sfregiandogli un fianco e Korm grugnì di dolore, alzò lo sguardo e vide un Coyote con dei fregi verdi sul viso che impugnava una lancia di uno strano materiale grigiastro su cui delle incomprensibili rune azzurrine sfavillavano come pulsando di vita propria.

Korm raccolse la lancia del terk che aveva appena ucciso e la scagliò in alto ma il Coyote dai fregi verdi sgusciò via e si dileguò dietro a un’altra formazione rocciosa.

Korm brontolò per il colpo mancato e si avvicinò al terk che aveva calciato, il quale stava tentando di strisciare lontano. Lo impalò al terreno attraverso la schiena e pose fine al suo dimenarsi.

Lo scontro era finito.

Avanzò nel campo di battaglia mentre i suoi guerrieri infliggevano il colpo di grazia ai Coyote che ancora rantolavano. Raggiunse lo sciamano e lasciò che questi gli applicasse un impasto d’erbe sulla ferita per poi bendarla.

«Mostrami dove si trova la magia», ordinò al vecchio.

Questi inchinò la testa.

«Da questa parte», disse superando le formazioni rocciose più grandi e dirigendosi nel cuore dell’accampamento.

Videro frammenti di roccia scura come fosse stata bruciata: una delle formazioni rocciose era completamente distrutta e al suo posto c’era un profondo cratere al centro del quale si trovava una struttura in un materiale grigiastro eroso dalla sabbia. La parte più massiccia era adagiata sul fondo del cratere e si apriva in un’immensa semisfera di placche lucide da cui si dipartivano liane dello stesso materiale. Strane luci azzurrine, verdi e rosse sfavillavano in ogni dove prendendo talvolta la forma di rune incomprensibili.

Una grande quantità di piante e arbusti cresceva all’ombra della semisfera, producendo ogni tipo di ortaggio che Korm avesse mai visto e molti che non sapeva identificare. Man mano che procedeva sentì l’aria farsi più umida e quando mise un piede all’ombra della semisfera sentì il terreno bagnato.

«Incredibile…», sussurrò.

«È la magia delle stelle», disse l’anziano. «È caduta dal cielo».

«Com’è che non ne ho memoria?».

«È accaduto molti inverni fa, in un passato remoto. La mia tribù ha trascorso generazioni a studiarla per capire come utilizzarla. Vedi quanto è in grado di fare qui al limitare delle dune? Pensa a quanto sarà in grado di fare a Rocca del Falco, in un clima più mite dove l’acqua non manca».

«Korm!», urlò un cacciatore avvicinandosi trafelato. «Il capo dei Coyote ha ucciso tre dei nostri e sta fuggendo verso le dune».

Korm aggrottò la fronte.

«Ha rune verdi sul viso e una lancia runica?».

Il cacciatore annuì.

«Trasportate la magia delle stelle a Rocca del Falco», disse stringendo l’asta della lancia. «A lui ci penso io».

Uscì dal cratere e si avviò a passi svelti in direzione delle dune, una volta lasciato il campo di battaglia non fu difficile trovare le tracce del Coyote sulla sabbia altrimenti liscia. Le seguì al ritmo di una leggera corsa addentrandosi nel deserto fino a giungere in vista del suo bersaglio. Quando il Coyote si accorse di essere seguito smise di scappare, consapevole che avrebbe dovuto sconfiggere il suo avversario se avesse voluto fuggire.

In quel momento, si levò il vento.

Korm rallentò l’andatura e avanzò con passo sicuro mentre la sabbia iniziava a vorticargli intorno. Il vento s’intensificò ululando e la tempesta di sabbia limitò la visuale impedendogli di scorgere nulla oltre pochi metri.

Non passò che un momento e vide come un fulmine crepitare tra la coltre di sabbia. Il Coyote impugnava una lancia dello stesso materiale grigiastro di cui era composta la semisfera, le rune di cui era intarsiata brillavano e la punta scoppiettava come pietra focaia colpita dall’acciarino.

«Bene!», urlò Korm. «Credevo saresti fuggito approfittando della tempesta!».

«Non prima di prendermi la tua testa».

La lancia crepitante saettò in sua direzione ma Korm la deviò una, due, tre volte.

«Provaci, se ti riesce…», disse passando al contrattacco puntando alle gambe.

«Il tuo Falco non può volare nelle tempeste di sabbia», lo schernì l’avversario saltellando. «il Coyote invece è abituato a correre nel deserto».

«Chiudi quel cratere», disse Korm.

La punta crepitante tornò all’offensiva e, nonostante Korm riuscisse sempre a deviarla, ogni volta che lasciava che si avvicinasse troppo sentiva come delle punture attraverso la pelle che gli lasciavano intorpiditi i muscoli.

«Non puoi nulla contro la magia delle stelle!».

Korm non era abituato a combattere nel deserto e la sabbia frenava i suoi balzi scivolandogli sotto ai piedi. L’avversario ne approfittò per avanzare ancora e tempestarlo di colpi roteando la lancia sopra la testa. Il materiale di cui era fatta sembrava più efficace del legno: imprimeva più potenza ed era più facile da manovrare al tempo stesso.

Korm digrignò i denti per lo sforzo, la sua guardia si abbassava sempre di più. Fu costretto a retrocedere per l’impeto dell’avversario e a causa della sabbia che gli rallentava i piedi cadde di schiena.

Il Coyote si lanciò su di lui mirando alla testa ma Korm arcuò il collo e la punta dell’arma si conficcò in profondità nella sabbia.

Korm ne afferrò l’asta per impedire al nemico di estrarla e gli conficcò la propria nel petto fino a farla spuntare sul lato opposto in uno schizzo di sangue.

Il Coyote gli cadde addosso, morto.

«Ora non parli più…», disse scrollandoselo di dosso.

Si mise a sedere sputando sabbia e riparò gli occhi aspettando che la tempesta si calmasse e quando il vento scemò il cadavere del nemico era sepolto dai granelli, come non fosse mai esistito.

Korm stesso era mezzo sotterrato dalla sabbia che gli arrivava fino alla vita. Si alzò togliendosela di dosso e notò un’asta grigia nerastra che spuntava dalla duna.

​Estrasse la lancia crepitante e ne ammirò l’impugnatura costellata di rune e la punta lucida che risplendeva al sole.
Quello era invero un glorioso giorno per la Tribù del Falco!

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