Otis si recò al lavoro come ogni mattina, era un infermiere del Santa Dinfna: un manicomio della periferia di Dublino. Non era un lavoro semplice, soprattutto quando i pazienti davano di matto e non volevano prendere le medicine, però gli dava una grande soddisfazione personale l’essere utile a quei poveri sfortunati. Quando da ragazzo si era fatto uomo aveva sentito la chiamata di Dio e ogni giorno di lavoro era come un balsamo per l’anima.
I pazienti erano più amichevoli con lui rispetto che con gli altri infermieri. Non sapeva perché ma fatto stava che era bravo a tranquillizzarli. Anche il signor Finnbar che non smetteva mai di danzare in modo scomposto mandando all’aria le pastiglie e la signora Teafa che non faceva altro che guardare fuori dalla finestra e per attirare la sua attenzione bisognava sbracciarsi e urlare.
Quel giorno il giro dei pazienti non fu problematico e il sole stava calando quando sentì un lieve tocco sulla spalla.
«Otis, il turno è finito», disse Ailis. «Possiamo finalmente andare a casa a riposare».
Gli altri infermieri erano sempre gentili con lui ed era veramente un piacere lavorare con gente così squisita. Si stiracchiò facendo scrocchiare la schiena.
«E anche oggi abbiamo fatto del bene», disse.
Lei li accompagnò a casa come faceva ogni giorno. Era l’unico infermiere ad avere una stanza personale all’interno del Santa Dinfna e si sentiva privilegiato per questo, aveva l’onore di restare sempre in contatto con quei bisognosi che necessitavano di lui.
«Ecco le tue medicine», disse Ailis. «Ricordati di prenderle».
Otis guardò le pastiglie, non erano colorate e dolci come quelle che dava ai pazienti ogni giorno ma lo aiutavano a dormire bene.
Le mandò giù con un bicchiere d’acqua e andò a letto.
I pazienti erano più amichevoli con lui rispetto che con gli altri infermieri. Non sapeva perché ma fatto stava che era bravo a tranquillizzarli. Anche il signor Finnbar che non smetteva mai di danzare in modo scomposto mandando all’aria le pastiglie e la signora Teafa che non faceva altro che guardare fuori dalla finestra e per attirare la sua attenzione bisognava sbracciarsi e urlare.
Quel giorno il giro dei pazienti non fu problematico e il sole stava calando quando sentì un lieve tocco sulla spalla.
«Otis, il turno è finito», disse Ailis. «Possiamo finalmente andare a casa a riposare».
Gli altri infermieri erano sempre gentili con lui ed era veramente un piacere lavorare con gente così squisita. Si stiracchiò facendo scrocchiare la schiena.
«E anche oggi abbiamo fatto del bene», disse.
Lei li accompagnò a casa come faceva ogni giorno. Era l’unico infermiere ad avere una stanza personale all’interno del Santa Dinfna e si sentiva privilegiato per questo, aveva l’onore di restare sempre in contatto con quei bisognosi che necessitavano di lui.
«Ecco le tue medicine», disse Ailis. «Ricordati di prenderle».
Otis guardò le pastiglie, non erano colorate e dolci come quelle che dava ai pazienti ogni giorno ma lo aiutavano a dormire bene.
Le mandò giù con un bicchiere d’acqua e andò a letto.